
Il “Mandorlo in Fiore” nasce come festa popolare della città di Agrigento e si ripete, da tradizione, ogni primavera dell’anno per una intera settimana. L’obiettivo è quello di festeggiare l’anticipo della primavera con il rifiorire del mandorlo, che rappresenta la pianta caratteristica del paesaggio agrario tradizionale della Valle dei Templi, e di gioire per il ritorno della vita.
La Sagra nasce nel 1934 nella piccola città di Naro, situata ad una ventina di chilometri di distanza da Agrigento, per iniziativa del conte Alfonso Gaetani; nel 1937 però la festa non viene più celebrata a Naro, ma diventa agrigentina trasferendosi nel capoluogo di provincia, dove pian piano si radica diventandone manifestazione principale che richiama gente da tutta la Sicilia e non solo.
Alla festa legata alla fioritura dei mandorli nel corso degli anni si è associato un nuovo significato, legato al tema del dialogo tra i popoli e le culture. Dal 1954, infatti, alla festa viene affiancato anche il Festival Internazionale del Folklore, cui partecipano gruppi folkloristici provenienti da varie parti del mondo, in un’atmosfera di festoso scambio di esperienze e tradizioni che anima per una settimana le vie della città e coinvolge, con l’accensione del tripode dell’amicizia e l’esibizione che chiude la manifestazione, anche la Valle dei Templi. Negli anni il Mandorlo in Fiore è divenuto uno dei festival folklorici più conosciuto e prestigioso al mondo, anche per il suo aspetto competitivo che vede nel Tempio d’Oro il riconoscimento per il migliore gruppo internazionale partecipante.
Dal 2017 la festa in linea con la nuova visione culturale ed i tempi, ha ampliato il suo programma volto a valorizzare manifestazioni artistiche che scaturiscono da una ricerca delle tradizioni culturali dei popoli di tutto il mondo e che hanno caratteristiche tali da aver meritato l’iscrizione nel registro del patrimonio immateriale riconosciuto dall’Unesco. La valorizzazione delle culture tradizionali è, non una spinta alla chiusura in una identità immobile e non comunicante con l’esterno, ma al contrario, il riconoscimento di se stessi entro una storia comune intessuta di relazioni e scambi.
Soprattutto nel momento attuale, in cui eventi storici di portata epocale mettono a dura prova la capacità di sopportare l’urto di grandi masse di persone che si spostano da paesi resi invivibili dalle guerre, dal terrorismo e dal cambiamento climatico, è essenziale promuovere l’incontro tra le culture e lo scambio di esperienze che affondano le radici in quel “patrimonio immateriale” che è costituito dalle conoscenze e dalle abilità tradizionali, dalle espressioni della religiosità popolare, dalle danze e dai canti legati alle feste popolari, dalle forme drammatiche tradizionali.
I gruppi selezionati, provenienti da vari Paesi, si distinguono proprio per la ricerca etnografica e per la qualità delle esecuzioni, che fanno riferimento in molti casi a tradizioni ancora vitali e sentite dalla popolazione.
L’organizzazione dell’evento, secondo una scansione ormai tradizionale, prevede il coinvolgimento dell’intera città e della Valle dei Templi, con spettacoli all’aperto, sfilate per le vie cittadine, spettacoli all’interno del teatro Pirandello e del Palacongressi. Prevede inoltre una molteplicità di eventi collaterali, legati comunque a musiche e canti tradizionali, e l’attività di numerosi laboratori in spazi diversi del centro cittadino volti a trasmettere alle giovani generazioni un’eredità che rischia di scomparire, costituita da saperi e competenze della tradizione artigianale, quale ad esempio l’arte del carretto siciliano; dalla narrativa popolare alle dalle danze tradizionali.